Baranello è un piccolo centro, poco distante da Campobasso, che merita sicuramente una visita, specie da parte di un viaggiatore in cerca di luoghi che conservano i segni di piccole, ma grandi storie, oltre che preziose “cose belle”, da vedere.

BARANELLO

Il comune domina da una collina la valle del fiume Biferno ed è circondato da campi coltivati e da boschi, tra cui quello di Monte Vairano, un’area di assoluto pregio ambientale, che conserva le tracce di un centro abitato dall’antico popolo dei Sanniti.

Raggiungendo la parte più alta del paese si è già all’interno del borgo medievale, testimoniato dall’armoniosa torre in pietra, che in passato faceva parte del castello-palazzo, sede dei feudatari locali e già citata in un documento del 1464.

Superata la torre, la strada termina in una piccola e raccolta piazza, su cui si affaccia l’elegante palazzo Zurlo, dal nome della famiglia a cui apparteneva e che ha avuto tra i suoi membri due importanti personaggi storici: Giuseppe Zurlo, più volte Ministro del Regno di Napoli, e Biase Zurlo, Intendente di Molise nei primi anni dopo la creazione del Contado di Molise.

In fondo alla piazza si impone al visitatore la facciata neoclassica della Chiesa di San Michele Arcangelo.Ai margini del borgo più antico, piazza Santa Maria con una monumentale fontana, che accoglie la scultura in bronzo raffigurante la dea Cerere, opera del noto artista Francesco Ierace.

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La fontana in marmo bianco di Carrara inaugurata nel 1897 per celebrare la costruzione dell’acquedotto, fu realizzata in base ad un progetto dell’architetto Giuseppe Barone, altro illustre personaggio storico nativo di Baranello e al quale si deve il Museo Civico, un’importante collezione di oggetti d’arte, da non perdere!

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Baranello_Stele

Non lontana dalla fontana la piccola chiesa del SS. Rosario, già chiesa di San Biase, recentemente ristrutturata e riaperta al pubblico, che vi consigliamo di visitare. Scoprirete un ambiente raccolto, armoniosamente decorato con stucchi e pitture ad olio in stile barocco.

Pregevole poi il dipinto raffigurante la Madonna con Bambino, San Domenico e Santa Chiara di scuola napoletana, collocato al di sopra dell’altare.

Superata la chiesa del SS. Rosario, nel muro che limita la piazza, un’altra importante testimonianza del passato: una stele funeraria di probabile origine osco-sannita, che rappresenta una coppia di coniugi, uniti nella dextrarum junctio, l'unione delle mani destre, gesto dell’antico rito matrimoniale e simbolo di eterna fedeltà, da cui probabilmente è derivato l’attuale stemma del comune di Baranello.

DA VEDERE
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Museo civico

Il Museo, oltre che per il valore storico-artistico degli oggetti esposti, è un esempio significativo delle collezioni private che nell’Ottocento venivano realizzate da personaggi amanti della storia e dell’arte e presenta ancora oggi un allestimento, che rispetta i criteri espositivi fissati nell’800 dallo stesso Barone.

Con l’atto di donazione si stabilì anche l'inalienabilità degli oggetti, da allora conservati dentro vetrine in legno chiuse da ben due serrature, le cui chiavi sono conservate una dal sindaco e l’altra dal discendente più prossimo al Barone. In tal modo l’apertura degli armadi è possibile solo in presenza di entrambi i soggetti possessori delle chiavi.Il visitatore delle due sale rimarrà affascinato dalla concentrazione di tanta bellezza e ad una prima sensazione di confusione, dovuta alla quantità di oggetti esposti in poco spazio, sostituirà l’attenzione per i dettagli e scoprirà l’eleganza e la raffinatezza dei reperti. 

Nelle 28 vetrine è possibile ammirare esemplari di vasi attici, italioti e corinzi (dall’VII al VI sec. a. C.), vasi peruviani, bronzi medievali, medaglie, armi di silice preistoriche, avori, statuette in bronzo rappresentanti Ercole, Mercurio, Bacco e Venere, terre cotte greche e romane, lucerne e bronzi preistorici, provenienti dagli scavi di Cuma del 1892.

Di assoluto valore poi la collezione di porcellane con pezzi provenienti dall’Italia (Firenze, Venezia, Reali Fabbriche di Capodimonte e di Pescolanciano), dall’Olanda, dalla Francia, da Vienna e Berlino e dalla Cina e Giappone.
Affascinante la parete con le tele di alcuni tra i maggiori artisti vissuti tra la fine del Seicento e la metà dell’Ottocento tra cui Luca Giordano, Francesco Solimena, Pietro Ruiz, Giuseppe Tassone, Giuseppe Palizzi, Andrea Vaccaio ed opere di scuola napoletana e di scuola fiamminga, tra cui l’affascinante tela de “Il mangiatore di prosciutto”.

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In esposizione alcuni modelli di opere progettate dall’arch. Barone come il modello del Monumento all’Unità d’Italia e quello dedicato a Luigi Vanvitelli.

Attualmente il museo è visitabile su prenotazione, in virtù dei lavori di ristrutturazione. Contattateci e vi aiuteremo ad aprire le porte di questo piccolo tesoro!

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Chiesa di San Michele Arcangelo

La chiesa è stata ricostruita a seguito del terremoto di Sant’Anna del 1805 in base al progetto dell’architetto Bernardino Musenga, ispirato dai modelli dello stile neoclassico, di cui sono chiara testimonianza le massicce colonne della facciata.

All’interno diverse le opere pittoriche. Due grandi tele della seconda metà del ‘600 di Francesco Inghingolo raffiguranti la “Strage degli innocenti” e “L’Adorazione dei Magi” sono poste subito dopo gli ingressi laterali.

Percorrendo la navata sinistra è possibile ammirare la tela “Ecce Homo” di stampo caravaggesco. Di fronte l’opera più preziosa, la “Pietà” attribuita a Giovan Battista Caracciolo, detto il Battistello, risalente al primo ventennio del XVII secolo, nella quale l’artista è riuscito ad esprime una forte drammaticità, grazie al contrasto cromatico tra il corpo di Cristo, illuminato da luce vivida e le figure della Madonna, di San Giovanni e delle pie donne, che invece emergono dall’oscurità

Dietro l’altare “L’Ultima Cena” di Amedeo Trivisonno, a cui si deve anche la decorazione della cupola e delle pareti laterali del presbiterio, nella quale l’artista rappresenta la scena su una sorta di palcoscenico, con uno sfondo in cui riproduce una vegetazione rigogliosa e uccelli che volano, simbolo della resurrezione di Cristo.

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Monte Vairano

Visitare l’area di Monte Vairano, che oltre al comune di Baranello, si estende anche nel territorio di Busso e Campobasso, significa attraversare boschi dall’elevato valore ambientale e scoprire ciò che rimane di un centro abitato dall’antico popolo dei Sanniti.
La copertura quasi continua dell’area con un bosco di cerri, roverelle, farnetto e alcune rare presenze di faggi (località Bosco Faiete) ha consentito di riconoscere la zona come Sito d’Importanza Comunitaria (SIC).

E’ qui che gli scavi archeologici hanno evidenziato l’esistenza di un centro abitato frequentato già a partire dal VI e V sec. a.C., di cui è stato possibile individuare le mura, risalenti al IV sec. a.C., e che visse il maggior periodo di sviluppo tra il IV e il II sec. a.C., prima del suo totale abbandono.

Il perimetro delle mura individuate è lungo circa 3 km e racchiude un’area di 50 ettari, a cui si accedeva attraverso tre porte, costruite lungo l’asse di antiche arterie viarie e realizzate secondo lo schema della porta scea, al fine di costringere gli assalitori ad esporre il fianco non coperto dallo scudo.

 

L’area interna alle mura, organizzata attraverso opportuni terrazzamenti, è stata oggetto di scavo solo in alcuni punti, che hanno consentito il ritrovamento di resti di abitazioni (tra cui la casa di “ln”, così indicata in virtù dei graffiti in lingua osca delle lettere “l” e “n”, realizzati sui vasi a vernice nera rinvenuti nell’abitazione) e di un horreum, un luogo adibito a deposito di cereali, di cui è visibile il basamento, realizzato con grossi blocchi in calcare.

Al visitatore consigliamo di raggiungere anche la parte più alta della collina. Qui oltre alla parete di un grande edificio, risalente al periodo alto medievale, potrete godere di uno dei panorami più suggestivi del Molise con le vette del Matese da un lato e la vallata del Biferno dall’altro. Da fotografare!